Nino Bertoletti
Sergio Tofano nella parte di Bonaventura
(presso la Biblioteca del Burcardo,
Roma)
Sergio Tofano
Recitare per i bambini
Innanzi tutto bisogna distinguere fra teatro per bambini e teatro di bambini: cioè tra quel teatro in cui i bambini siano semplicemente spettatori e quello in cui facciano da attori. Sono due cose diversissime e non bisogna confonderle e tanto meno mescolarle. La stessa confusione accadde su per giù quando si cominciò a parlare di teatro di masse. In un primo tempo l'espressione fece pensare a palcoscenici immensi, invasi da truppe di attori e di comparse a piedi e magari a cavallo: e invece non si tratta che di un teatro che parli di rettamente al cuore e allo spirito di tutto un popolo. Teatro per bambini, così, deve intendersi quello creato per il divertimento e la felicità di una platea di piccoli spettatori: ma in palcoscenico chi recita possono essere burattini, possono essere marionette, possono essere, se volete, uomini. Ma bambini, no. I bambini che recitano, per me, sono malinconicissimi. E sono malinconicissimi perchè non sanno più essere bambini, come Dio li ha creati, ma pappagalleggiano i grandi che li hanno istruiti. Quel divino dono della freschezza, dell'ingenuità, della spontaneità, dell'innocenza che è la più bella e la più sacra prerogativa dell'infanzia, in palcoscenico va a farsi benedire soffocato dallo sforzo e dall'artificio di copiare il maestro che li ha diretti. Non c'è che una eccezione al mondo: i bambini dei film americani, che ci inchiodano di meraviglia per quel miracolo di sincerità che nessuna sovrapposizione di regista riesce a distruggere nè a diminuire. E non parlo di quelli celebri, i mattatori, che già un po' ci appaiono ammaestrati a secondare i gusti e le esigenze dei pubblici: parlo di quei mille altri meno noti talora mai visti prima, spesso anonimi, adoperati quasi sempre senza importanza, anche in rapide apparizioni, ma che vediamo con nostro grande stupore e diletto parlare, ridere, piangere, giocare, fare i dispetti e le bizze, compiere atti di bontà, commuoversi e commuovere, così, semplicemente, come tutti i bambini del mondo quando sono abbandonati a se stessi. Ma questo non può avvenire che in America, che è tutto un popolo di grandi bambini. Da noi, Dio ce ne liberi, i nostri bambini, chi sa perché, portati davanti all'obbiettivo o su un palcoscenico, tutti, non c'è santi, recitano. Anche quelli che a un pubblico facilmente entusiasmabile di genitori e di amici di genitori appaiono prodigi di spontaneità; anche in quelli un orecchio appena esperto avverte il maestro che li ha istruiti. Anche quelli che passano per bravi, che quando recitano hanno sempre l'aria di dare, lì, davanti a tutto quel pubblico, un esame dal quale sanno di dover uscire con un dieci con lode, e si capisce lontano un miglio che sentono di dover far mostra della loro bravura. E non parlo dei bambini prodigio, che bisognerebbe mandare a letto senza cena. Non nego con questo che una recita di bambini possa essere interessante, qualche volta. Mi ci sono interessato anch'io spesso, ma a guardare i bambini dal di fuori, non come interpreti dei personaggi che dovrebbero rappresentare. I bambini, si sa, sono sempre graziosi: e allora, ascoltati con quell’ inevitabile spirito indulgente che la loro grazia sa accaparrarsi, diventa comico anzi piacevole quel loro continuo e involontario uscire dalla parte, quell'improvviso rivelarsi e tradirsi, ad ogni momento, della loro psiche infantile, al di sopra e contro le esigenze sceniche e la necessità dell'interpretazione. Da questo punto di vista si possono fare delle osservazioni gustosissime: ma questo col teatro non ha niente a che fare. Dunque, teatro per bambini: ossia teatro,
come si è detto innanzi, per il divertimento di un pubblico di bambini.
Un teatro che prima di tutto colpisca piacevolmente la loro immaginazione:
quindi la materia più preziosa da trattarsi a tale scopo è
quella fantastica, fiabesca, avventurosa: il genere, quello comico, umoristico,
caricaturale. Ma, per carità, niente quadretto familiare, niente
bozzetto patriottico, niente oleografie patetico-sentimentali; non storie
lacrimevoli di piccoli saltimbanchi maltrattati o di spazzacamini affamati,
nè drammetti pietosi di orfanelli e trovatelli derelitti; non gesti
edificanti di scolaretti probi nè nobili azioni di balilla eroici.
E soprattutto nessuna preoccupazione moraleggiante ed educativa. Capita
così di rado che i bambini si posano portare a teatro: quelle poche
volte che capita, facciamoli ridere, poveri piccoli: e non stiamo lì
col fucile puntato della morale, della religione, dell’amor patrio, dell’educazione,
per conficcar loro in testa una volta di più quello che possono
e devono imparare a casa dai genitori, a scola dai maestri, al catechismo
dal parroco. Facciamoli ridere, vivaddio, a teatro: ché ogni loro
risata accenderà un raggio in più di felicità nella
loro esistenza, predisponendoli così all’ottimismo e risvegliando
in essi il senso della bontà: più benefica quindi dei predicozzi,
dei pistolotti e, soprattutto, della retorica.
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QUI
COMINCIA LA SVENTURA
DEL
SIGNOR BONAVENTURA
Bonaventura
il bassotto
la Contessa della Ciambella
il bellissimo Cecè la moglie del barone Partecipazio il barone Partecipazio Madama Tuberosa la Piccinina la prima lavorante la seconda lavorante Paganini |
Sergio Tofano
Francesco Rissone Giuditta Rissone Luigi Almirante Gina Sammarco Vittorio De Sica Amelia Chellini Rosetta Tofano Isora Cardinali Ebe Adori Giuseppe Valpreda |
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Sto canta "Qui comincia
la sventura"
Alfredo Bianchini canta "Io bellissimo Cecè" |
Sto canta "Lavoro
da pazzo"
Anna M. Sanetti e Gianni Esposito cantano il duetto della Contessa e del Barone |
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Bonaventura
Il bassotto Madama Tuberosa La piccinina Prima lavorante Seconda lavorante La contessa della Ciambella Il bellissimo Cecè La moglie del barone Partecipazio Il barone Partecipazio Paganini |
Makram
Khouri
Miki Ben Harosh Navia Lanzet Ofra Weingarten Dina Blei .... Salua Naakara Haddad Dror Keren Vicki Moran Ami Traub Rafi Adir |
Regìa di Gilberto Tofano
Scene e costumi di Gilberto
Tofano,
dai disegni e dalle foto di
Sto
Musiche di Ermete Liberati,
Aldo Tarabella e Yossi Mar Khaim
“Mai lusso, ma lesso, - me lasso, con l’osso!”
: come si fa a tradurre in altre lingue questa battuta? Eppure la prima
traduzione in assoluto di una commedia di Bonaventura, “Qui comincia la
sventura”, riuscì benissimo – nella lingua più imprevedibile,
l’ebraico - e Bonaventura fu adottato trionfalmente dal pubblico israeliano,
come dimostra questa recensione di Naomi Dudai, critico teatrale del JERUSALEM
POST e studiosa di teatro inglese.
“Before getting worked up about Bonaventura,
let’s begin with a word of benign warning. If you miss this, you have only
yourself to blame. If need be, make the journey to Haifa just to see it,
for this is something that must not be missed. It is not every day that
Israeli theatre has something as singular on view. Call it what you
will – one is moved to splash on superlatives – bombshell, schlager,
hagigà, fiesta. If ostensibly theatre for children, it has all
the elegance, sophistication, subtle wit and irony to charm the most discriminating
of their elders too.
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