STO E IL PERSONAGGIO



 
 
 
 

Alfredo Bianchini: Una pulizia estrema 

 

 
Antonio Pierfederici: In teatro un trucco da cinema 

L’abilità di truccarsi era in Tofano eccelsa. Frutto, insieme, del suo gusto pittorico e della sua capacità di individuare i tratti del personaggio. Il pizzetto del professor Toti in “Pensaci Giacomino!”, il naso mastodontico di Barranco in ”Ma non è una cosa seria”, la maschera dipinta sul volto di Bonaventura sono piccoli capolavori di un’arte raffinata nella quale Tofano non ebbe uguali - e rivelano le qualità “proteiformi” del vero attore, che scompare per riapparire, sempre diverso, in mille personaggi, celando la sua vera identità nella più assoluta discrezione del privato.

Sergio Tofano: Il primo contatto col personaggio 

                                                                                                                                                                                  Sto (1963) 
“La prima fase di un contatto con un personaggio, per me è – come dire? – di natura visiva. Man mano che leggo una commedia il personaggio che mi interessa comincia a svelarmisi dal di fuori. Non è che mi imponga questo sistema per arrivare al nocciolo del suo intimo, ma spontaneamente, senza volerlo, mentre leggo, il personaggio comincia a presentarmisi a poco a poco nei suoi vari aspetti esteriori: la figura, il viso, le particolarità del viso, il vestito, e poi gli atteggiamenti, e il modo di camminare, di muoversi, tutto quello insomma che fa parte della sua apparenza esteriore. Non perché dia maggior importanza a questa e perché questa m’importi innanzitutto, ma perché da questa, da tutti gli infiniti particolari di questa, da tutti i suoi attributi visibili che non sono soltanto esterni, ma hanno anche una rispondenza intima, spesso indissolubile, col suo animo, mi si illumina, mi si chiarisce a poco a poco anche il dentro di lui, comincio a conoscerlo, a capirlo. Così quando ho completato questa pittura mentale di lui, posso dire di essere arrivato, quasi senza accorgermene, a scoprirne anche l’animo. Forse per questo nel tradurre, poi, un personaggio sulla scena io ho sempre dato tanta importanza al trucco, al vestito, a certe caratteristiche esterne. . Simoni mi rimproverava per questo: mi diceva che quando un mio personaggio appariva sulla scena per la prima volta, il suo essere, da come l’avevo modellato, era già tutto troppo evidente, troppo spiegato al pubblico, al quale non rimaneva più niente da scoprire, poi.  Forse aveva ragione, ma non mi è mai stato possibile cambiare sistema”.